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Ciro Discepolo | Estri & Astri | Le voci della luna

 

Le voci della luna (di Federico Fellini)
di Ciro Discepolo


Federico Fellini si chiede, nel suo ultimo film sulle Voci della luna se bisogna chiudere i rubinetti che gocciolano. In effetti è un'antica e importante questione che muove le menti più aperte dell'intellighentia nazionale ed internazionale d'ogni tempo. La figura del "dottore", con l'impermeabile e la borsa in mano, quasi ad indicare una sua condizione di perenne frettolosità rispetto ai problemi che dovrebbe aiutare a sviscerare, asserisce che dove c'è una saracinesca che rischia di far filtrare liquidi è meglio chiuderla, per essere più tranquilli. Ma Fellini, invece, preferisce calarsi nei tubi, andare ad esplorare i pozzi profondi delle campagne padane ma che potrebbero essere anche quelli bellissimi dei casolari capresi. L'autore di Otto e mezzo è affascinato dall'idraulica selenica dei pozzi notturni e del mondo sotterraneo dei flussi d'acqua e delle tubature nascoste. Come il suo prefetto Savini, del libro di Ermanno Cavazzoni a cui si è ultraliberamente ispirato, egli va in cerca della Luna, cerca di comprendere qualcosa di questo antichissimo satellite che ci spia da migliaia di anni e parte per questo viaggio notturno e profondo nella campagna padana. Egli avverte, ad un tratto del film, che questo viaggio bisogna farlo in due, altrimenti il peso sarebbe troppo forte da reggere sulle sole proprie spalle e noi sappiamo che più volte, in analisi junghiana, Fellini ha tentato il viaggio nel suo inconscio accompagnato dall'analista.

Alcune cose ci sono piaciute molto, soprattutto le prime scene del film, le premesse, il parlare infantile e poetico di un Benigni reso ancora più infantile dal pallore lunare che gl'imbianca il viso, l'altrettanto bianca e metallica Aldina Ferruzzi che è un'altra faccia della Luna, certe scene del database universale delle immagini seleniche dove però dobbiamo ricordarne altre di grandissima suggestione, da Bertolucci, ai fratelli Taviani, da Bergman a Stanley Kubrick.

Anche nella vita di Jung (leggi Sogni, ricordi e riflessioni) c'era una stanza misteriosa che lo studioso zurighese, ispiratore principale delle tematiche felliniane, scopre dopo i quarant'anni, arricchendosi spiritualmente moltissimo, ma in quel caso si trattava di una stanza buia ed in cantina, mentre qui Benigni la trova ben illuminata e ci arriva salendo le scale. Benigni sale le scale e va sui tetti a scoprire che se sbocciano i petali del fiore del plesso solare si può volare, si può essere felici e questo anche se uno "ci ha la vocazione della carne equina": l'importante è avere una meta, innalzarsi, indirizzare la libido.

In questo senso le immagini della chiesa e la stessa posizione alta della Luna ci indicano un obiettivo che se prescindessimo da una lettura junghiana del film, ci farebbe perdere il novanta per cento dello stesso.

Quest'ultimo, in qualche momento, tra un taglio e un altro, stanca anche un poco, ma ha dei segmenti di rara poesia e suggestione nelle scene dei campi, con il "personale specializzato": le grasse matrone di colore che propiziano, roteando i glutei, l'azione del nostro bianco satellite.

Meno bello, a nostro avviso, l'epilogo pirotecnico ed esplosivo del "folle" che spara alla Luna, in una sagra di sapore ciociaro in cui sembra di leggere didascalie di Arbore, Biberon e Woody Allen, ma non bisogna dimenticare che Fellini è nato diversi decenni prima dei nostri.

Per concludere vorremmo sollecitare la tolleranza dei critici raccomandando loro questo nostro amico di percorso che, seppure a volte assume l'aria moralista e bacchettona del prefetto Gonnella che interdirebbe il popolo di barbari che si esprime oltre la soglia degli ottanta decibel, è pur sempre un animo gentile che sogna ancora di andare ad ascoltare le voci dei tubi e dei pozzi delle campagne della Padana, nelle notti di plenilunio. Egli non vuole sparare sulle legioni di superficiali vocianti e consumatori della "gnoccata", ma avverte l'esigenza, dichiarata da Terzio, che qualche piccola modifica andrebbe pur fatta alla Luna.

 

Ciro Discepolo

 

 

Tratto da Estri&Astri, edizioni Ricerca '90